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martedì 6 dicembre 2016

L'arte come una conchiglia!


Verba Woland: l'arte e la conchiglia.


de_chirico_le_muse_inquietanti
In questo momento storico in cui tutti scrivono e pubblicano improvvisandosi scrittori e poeti, oltre a ricordare un aforisma di Karl Kraus:
Perché scrive certa gente? Perché non ha abbastanza carattere per non scrivere.[1]
e un altro di Wolfgang Goethe:
In arte soltanto l'ottimo è buono abbastanza,[2]
vorrei fare alcune considerazioni.
L'opera d'arte è tale se in essa si possono ascoltare gli echi delle opere che l'hanno preceduta. L'arte è come una conchiglia nella quale è possibile sentire il rumore del mare. Ecco che in Catullo odo l'eco di Saffo, in Virgilio l'eco di Omero. Una conchiglia non è mai muta. Dunque solo chi a lungo si è nutrito d'arte può a sua volta creare arte.
Non a caso Luis Borges in una sua poesia dice:
Mis noches están llenas de Virgilio
cioè:
Le mie notti sono piene di Virgilio.[3]
Non ci sarebbe Borges senza Virgilio. Il grande poeta anzi va oltre:
Que otros se jacten de las páginas que han escrito;
a mí me enorgullecen las que he leído
che potremmo tradurre:
Menino altri vanto delle pagine che hanno scritto;il mio orgoglio sta in quelle che ho letto.
Queste considerazioni hanno preso spunto da un episodio che mi è accaduto ieri. Stavo rileggendo la bellissima poesia La sera del dì di festa di Leopardi:
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna.
...I versi sublimi penetravano a poco a poco nell'animo ed ecco lentamente il suono della conchiglia reca la voce di Tacito:
Noctem sideribus inlustrem et placido mari quietam quasi convincendum scelus dii praebuere.[4]
che potremmo tradurre:
Una notte chiara di stelle e quieta su un placido mare offrirono gli dei come a dare la prova del delitto.
Sorpreso accosto meglio la conchiglia all'orecchio e come per incanto in lontananza echeggiano i versi di Alcmane:
εὕδουσι δʼ ὀρέων κορυφαί τε καὶ φάραγγες
πρώονές τε καὶ χαράδραι
φῦλά τʼ ἑρπέτ' ὅσα τρέφει μέλαινα γαῖα
θῆρές τʼ ὀρεσκώιοι καὶ γένος μελισσᾶν
καὶ κνώδαλʼ ἐν βένθεσσι πορφυρέας ἁλός·
εὕδουσι δʼ οἰωνῶν φῦλα τανυπτερύγων.[5]
Cioè  nella bella traduzione di Gennaro Perrotta:
Dormono le cime dei monti
e gli abissi
e i promontori e le forre,
e le stirpi degli animali
che la nera terra nutre
,
e le fiere montane
e la progenie delle api
e i mostri nei gorghi profondi
del mare di viola;
dormono le sirpi
degli uccelli dalle lunghe ali.
Questa, a mio parere,  è la magia della vera arte: i sublimi echi della conchiglia.
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1.
 Detti e contraddetti, Adelphi1992. 2Viaggio in Italia, (Napoli, 3 marzo 1787), Mondadori, 2006. 3. Elo­gio dell’ombra, Einaudi 2006.. 4. Annales, Libro XIV, 5. 5.Il "Notturno" di Alcmane (fr. 89 P)

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